All’Arsenale, nel Padiglione Malta della 60ma Biennale di Venezia (fino al 24 novembre), le navi di «I Will Follow The Ship» procedono sicure sulle loro rotte, fiere degli oltre 12mila visitatori (dati di metà agosto) che hanno finora interagito digitalmente con l’opera progettata da Matthew Attard. È la prima volta che un solo artista è responsabile del Padiglione Malta, in passato affidato a mostre collettive.
Matthew Attard (Rabat, Malta 1987), con molto coraggio, considerate le dimensioni del padiglione, ha concentrato il racconto in pochi elementi che coniugano tecnologia e vernacolarità, e ha posto il visitatore al centro di un gioco di rimandi visivi, in cui lo schermo a led di 6,50 per 3,50 metri cattura immediatamente l’attenzione. Tre grandi velieri seguono rotte mutando posizioni e prospettive, in un movimento continuo su un mare calmo. Le acque mediterranee sono filmate dal vivo e i vascelli sono disegnati utilizzando un eye-tracker, avanzato dispositivo che segue gli spostamenti oculari, usato come strumento per disegnare al posto della matita: «Del resto all’epoca della sua invenzione la matita era tecnologica», osserva Attard, che nel titolo «I Will Follow The Ship» («Seguirò La Nave»), gioca tra «I», «io», e «eye», «occhio».
Allo schermo fa da contraltare un grande muro di globigerina, pietra simile al tufo tuttora utilizzata nelle costruzioni locali maltesi, su cui si ritrovano altri disegni, sia di navi sia astratti, ancora risultato della collaborazione tra l’artista e la tecnologia dell’eye tracker. Matthew Attard è da sempre interessato al disegno come attività autonoma, ed è stato ispirato dalle incisioni di imbarcazioni che spesso compaiono sulle pareti delle piccole cappelle sparse nell’arcipelago maltese. L’artista ha ridato vita a questi poverissimi ex voto, nobilitandoli e riproducendone i segni, seguendoli col suo sguardo tecnologico.
«Sono interessato all’atto di disegnare e al potere del disegno. Lo affronto con la tecnologia perché mi chiedo che cosa significhi disegnare nel mondo di oggi, spiega Attard. Il disegno è una delle più antiche espressioni umane, quindi mi domando che cosa è cambiato, come viene influenzato da realtà tecnologiche, dov’è l’umano là dentro? Ho usato intelligenza artificiale e immagini autogenerate, ma niente è del tutto casuale, perché anche l’algoritmo parte da un gesto umano, e la tecnologia non è mai neutrale». Attard, pur lavorando su risultati prodotti dall’Intelligenza Artificiale, ha evitato che il lavoro fosse esito dell’AI. «Il disegno contemporaneo diventa spazio, o altre cose, non è definibile, perché nel momento in cui lo definisci escludi qualcosa. Anche il padiglione è costruito così: ci sono diversi livelli, tante soluzioni, tante possibilità di lettura», aggiunge.
Partendo da una credenza religiosa e da una tradizione antica come i graffiti della nave, veicolo di culture diverse, metafora e simbolo a molti strati, come un pifferaio magico, Attard trasporta i visitatori a bordo delle sue navi, ingaggiandoli in un ulteriore scambio di graffiti contemporanei: «Draw your ship» (Disegna la tua nave) rende il padiglione sempre attivo; QRcode rielaborati dall’artista invitano a disegnare sul cellulare il proprio vascello e inviarlo. «Nessuna situazione è mai netta, lo sguardo da punti di vista diversi è importante, e a questo si aggiunge il fatto che oggi la gente lascia sempre e comunque una traccia digitale», afferma Matthew Attard, che controlla quotidianamente i disegni: «Quando le persone si sentono libere, esprimono reazioni forti: ci sono barche di migranti, ma si parla di tutto, molti sono spiritosi. Tanti visitatori disegnano un occhio, o una barca con l’occhio, piace lasciare questo souvenir digitale». Tutto è convogliato in un archivio accessibile e scaricabile da chiunque.
Attard ha una buona esperienza internazionale, avendo lavorato all’estero per tredici anni come assistente di galleria. «Non dicevo mai che volevo far l’artista, ma ho lasciato che un’esperienza aprisse la strada alla successiva. Sono andato lontano da Malta per avere idea di una piattaforma internazionale e così ho capito che le mie radici e gli incroci culturali di questo posto sono un punto di vista vantaggioso, come dimostra anche Adriano Pedrosa con questa Biennale», precisa Attard. È la quinta partecipazione nazionale di Malta alla Biennale, dopo le edizioni del 1999, 2017, 2019 e 2022. Oltre alle curatrici, Elyse Tonna e Sara Dolfi Agostini, l’artista ricorda che ha lavorato a stretto contatto con Joey Borg, il Software Developer: «Gli “sparavo” idee, gli mandavo i miei sketch digitali e lui rispondeva con soluzioni tecniche, mentre per la parte audio ho lavorato con Jamie Barbara, giovane artista che lavora col suono». E la nave va, digitale e antica, fino alla fine di novembre.