«Nei miei ultimi lavori io non sono più il mezzo, la scintilla dell’azione, chiarisce Elisabetta Benassi in un’intervista su “Flash Art” del 7 luglio 2017, ora mi interessa parlare attraverso le cose, staccarle da me, affidarmi alla loro autonomia per far percepire un’esperienza più radicale, quello spessore che si accumula e cambia di continuo la faccia del mondo».
È forse per questo che nell’antologica «Autoritratto al lavoro», aperta al Macro dal 9 maggio al 25 agosto, Elisabetta Benassi (Roma, 1966), esponente della videoarte italiana, concede una sorta di investitura primaria ai personaggi e agli oggetti nel fuoco delle sue opere e soprattutto del suo pensiero: un sosia di Pier Paolo Pasolini dialoga e interagisce con «Bettagol», alter ego dell’artista (2000); una motozappa prodotta dalle Officine Meccaniche Benassi è un ready made che definisce la vera natura dell’artista («Autoritratto al lavoro», 2016 e 2021); la gabbia di Bushman, uno dei primi gorilla vissuti in cattività in uno zoo («Gorilla, Gorilla, Gorilla», 2015); i tronchi di grandi alberi artificiali, rifugi precari e solitari per gli ultimi «individui sovrani» alle prese con un possibile futuro apocalittico («The Sovereign Individual», 2018).
Allo stesso tempo autrice e testimone della messa a fuoco della visione, Benassi ha creato una sorta di mise-en-scène dei suoi lavori, attraverso un sistema di architetture e ambienti concepiti per adattarsi all’opera e non viceversa, come succede usualmente. «Se ognuna delle strutture modulari è pensata per accogliere un’opera, al contempo provvede a nasconderla parzialmente allo sguardo dello spettatore e risponde alle sue specifiche intenzioni narrative e poetiche, offre così un nuovo dispositivo di fruizione a lavori spesso nati in risposta a luoghi, situazioni e temporalità specifiche», spiega Luca Lo Pinto, direttore del Macro.
Del resto questa prima vasta antologica dedicata a Benassi da un museo della città in cui vive e lavora, è allestita nella grande sala all’ingresso del Macro, che ospita la sezione tematica Solo/Multi, ideata per ospitare antologiche non convenzionali, non inanellate da un filo cronologico, che ambiscono a essere un’unica opera d’arte, in questo caso fortemente rappresentativa della ricerca più che ventennale dell’artista romana. Fin dagli inizi Benassi ha scelto di affidarsi a figure, materiali ed eventi storici, frutto di qualcosa d’intangibile della nostra memoria: la storia («un’idea di storia con la esse maiuscola ma anche con la esse minuscola», sottolinea Lo Pinto), pilastro portante dell’opera dell’artista, reso nella sua messa a fuoco da punti di vista impensabili.
La scelta delle opere in mostra tesse pertanto un discorso profondamente articolato e lucido, che può essere sintetizzato da un telex spedito da Joseph Beuys a Robert Rauschenberg, riportato su uno dei tappeti di lana in mostra: «Vedo l’intero presente affacciarsi nelle tue opere. Tutto ciò che dobbiamo fare è afferrarlo per dare alle nostre idee il loro autentico significato. Il tuo lavoro e il mio dovrebbero incarnare una concezione di arte che comprenda l’intero essere umano».