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I doppi sold out sembrano ormai un ricordo lontano per i galleristi che hanno partecipato a questa edizione di Art Basel Hong Kong (dal 28 al 30 marzo), nonostante la settimana sia stata caratterizzata da una costellazione infinita di eventi a prova del dinamismo della scena locale e dell’intera Regione. La fiera conclusasi questa domenica ha confermato un riaggiustamento del mercato a livello globale, che porta anche i compratori asiatici a essere molto più cauti e selettivi rispetto al passato. Sebbene le vendite non siano mancate queste si sono concentrate soprattutto fra le gallerie blue chip. In generale gli espositori hanno confermato che le negoziazioni richiedono molto più tempo del passato. L’atteggiamento più cauto ha trovato riflesso anche nelle aste dí contemporaneo e moderno tenutesi nella stessa settimana, e concluse con aggiudicazioni perlopiù sotto stima. Con un totale di 240 gallerie (due si sono ritirate prima dell’apertura), Art Basel Hong Kong conferma quest’anno il proprio focus sull’Asia Pacifico, riaffermando il ruolo della fiera come piattaforma principale per la scena artistica della Regione. David Zwirner ha ceduto «Infinity-nets [orupx]» (2013) di Yayoi Kusama per 3,5 milioni di dollari nella giornata di vip preview. La vendita è stata accompagnata da nuovo dipinto su larga scala di Michaël Borremans, acquisito per 1,6 milioni di dollari dalle Corridor Foundation di Shenzhen, un nuovo dipinto di Elizabeth Peyton venduto per 900mila dollari, insieme a «Untitled (Loverboy)» (1989) di Felix Gonzalez-Torres, acquisito per la medesima cifra. Sempre nel primo giorno Zwirner ha ceduto anche varie opere di Mamma Andersson (in vista della sua prima mostra personale in Asia all’He Museum di Foshan, che aprirà nel giugno 2025), Oscar Murillo per 400mila dollari, Portia Zvavahera per 380mila dollari, Lisa Yuskavage per 300mila dollari e Katherine Bernhardt per 220mila dollari. Ha attirato l’attenzione anche la nuova arrivata Emma McIntyre, le cui sedimentazioni astratte sono costate 80mila dollari (in concomitanza si è svolto il suo debutto nello spazio di Hong Kong).
La scultura «Radiolaria» di Anicka Yi passata di mano per 225mila dollari da Gladstone Gallery. Courtesy Art Basel
L’appetito rimane dunque soprattutto per opere di qualità e carriere consolidate, conferma Marc Payot di Hauser & Wirth «L’arte di altissimo livello è molto ricercata dai collezionisti sempre più sofisticati della Regione». Entro la prima giornata, la galleria aveva piazzato diverse opere di autori con progetti istituzionali in corso, o imminenti, sul territorio. Tra queste, opere di Avery Singer (575mila dollari), Christina Quarles (1.350.000 dollari), Angel Otero (285mila dollari), Flora Yukhnovich (75mila sterline), Catherine Goodman e Lee Bul. Anche un importante dipinto di Rashid Johnson è stato venduto per un rispettabile mezzo milione di dollari, in vista della sua prossima mostra al Guggenheim. A dominare al centro dello stand, un’opera museale di Louise Bourgeois presentata con altre di scala più domestica, in concomitanza con una percorso di qualità istituzionale presso la galleria e una grande mostra al Mori Museum di Tokyo e al Fubon Museum di Taiwan. Colloquiando con collezionisti di Hong Kong, ma anche delle Filippine, è arrivata la conferma che non ci fosse una grande smania d’acquisto perchè mancava in molti casi la qualità che si cercava. Più di uno di loro ha lamentato che le gallerie non avessero portato le migliori opere dei nomi consolidati, come avevano fatto invece a Parigi, e si dicevano molto più cauti nell’acquistare lavori di emergenti rispetto al passato.
Thaddaeus Ropac ha confermato «un senso di cauto ottimismo», notando però un’affluenza internazionale maggiore rispetto agli ultimi anni, soprattutto di collezionisti europei. Il gallerista austriaco ha venduto in preview un Georg Baselitz da 1.200.000 euro (un nome ricorrente in fiera per la sua popolarità nella Regione) insieme a opere di Daniel Richter, Tom Sachs, Oliver Beer, Miquel Barceló e Lee Bul (l’artista coreana proprio la scorsa settimana è entrata a far parte anche del roster di Hauser & Wirth e, secondo indiscrezioni, dovrebbe essere protagonista della mostra dell’artweek 2025 al M+ Museum). Simile riscontro anche per la gallerista locale Pearl Lam, che ha parlato di «acquirenti più selettivi, ma decisamente coinvolti e attivi». Ciò che è emerso dalla fiera, secondo Lam, è una Art Basel «revitalizzata» dai nuovi livelli del collezionismo e dall’offerta locale, ma con un notevole cambiamento riguardo a chi compra e come. Fra le italiane Massimodecarlo, che vanta già una presenza consolidata nella città, ha registrato nella prima giornata nuomerose vendite tra i 20mila e i 120mila dollari. Fra queste, artisti asiatici come Bodu Yang, Xue Ruozhe e BAH Hejum Bä, ma anche nomi internazionali come Jamian Juliano-Villani e Dominique Fung, che questa settimana debutta con una personale a Hong Kong. Soddisfatti anche Mazzoleni, che ha riscontrato grande interesse per le opere di Agostino Bonalumi, Giorgio De Chirico e Salvo, di quest’ultimo nella giornata di preview la galleria aveva già venduto ben 3 opere con prezzi fra i 75mila e 300mila euro. Sempre nella prima giornata di apertura, Galleria Continua riportava invece la vendita di due opere di Michelangelo Pistoletto, 350mila euro ciascuna, e un paio di opere di Yoan Capote, artista cubano che ha appena inaugurato una mostra praticamente sold out anche da Ben Brown Hong Kong.
Luca Francesconi, «Inner Farmers (Contadini Interiori)», 2025, installation view Art Basel Hong Kong, sezione Discoveries, da Umberto Di Marino Gallery. Foto di Michele Galeotto. Courtesy Art Basel
Proseguendo invece con le blue chip, Pace ha riportato vendite degne tra star regionali affermate e nuovi talenti. Tra questi, le opere di Yoshitomo Nara, attualmente oggetto di un’importante retrospettiva itinerante pluriennale partita dal Guggenheim Bilbao, accompagnate da un lavoro del cubano Alejandro Piñeiro Bello per 80mila dollari, una Loie Hollowell da 450mila dollari e un’opera da 50mila dollari dell’emergente Li Hei Di. Pace ha inoltre venduto una scultura 2024 di Alicja Kwade per 68mila dollari, in concomitanza con la prima personale dell’artista a Hong Kong presso Tai Kwun. A chiusura della settimana, la galleria riportava la vendita anche di due Lee Ufan, rispettivamente per 1.1 milioni e 950mila dollari, insieme a due Renoir del 1910 e opere di Joel Shapiro,Yin Xiuzhen, Mika Tajima e altre quattro opere della Kwade. Nel frattempo, Perrotin aveva venduto la metà del suo stand in preview. Fra le vendite, serie di sculture di Lynn Chadwick con prezzi compresi tra 40mila e 220mila sterline (a seguito l’importante presentazione in doppia sede dell’artista lo scorso ottobre a Parigi), Ali Banisadr (350mila), Izumi Kato (185mila) e un’opera di Emma Webster per 120mila dollari, in concomitanza con la mostra appena aperta nella sede di Hong Kong.
Nomi affermati di blue-chip e talenti contemporanei recentemente istituzionalizzati hanno trovato subito acquirenti anche nello stand della Gladstone Gallery. Fra le vendite in vip preview, dei dipinti di Alex Katz sono stati venduti a circa 110mila dollari l’uno, mentre diversi acquerelli di Ugo Rondinone si sono piazzati nella fascia 45mila-50mila dollari. Sono passati di mano anche un vigoroso disegno di Elizabeth Peyton per 175mila dollari e una scultura «Radiolaria» di Anicka Yi per 225mila dollari, serie inclusa ache nella personale al Leeum Museum che si è appena spostata all’UCCA di Pechino. Rimanendo ancora tra le mega gallerie, White Cube, ha riportato la vendita di una scultura da mezzo milione di Antony Gormley, insieme a un poetico neon di Tracey Emin venduto per 85mila sterline. Bene peró anche per opere piu tridimensionali e installative più ambiziose, tra cui una Mona Hatoum per 55mila sterline insieme ad un acrilico su pastello di Enrico David per 55mila sterline e una nuova, vaporosa composizione in pigmento e pastello di Marguerite Humeau per 40mila sterline. La newyorkese Berry Campbell ha invece venduto due opere di Lynne Drexler, beneficiando sicuramente della visibilitá per l’artista americana offerta dalla mostra che White Cube ha aperto a Hong Kong in settimana. In generale, le vendite riportate dai collezionisti confermano come un sempre più sofisticato collezionismo asiatico stia spostando la sua attenzione verso artisti di qualità istituzionale con solidi curricula e rilevanza museale piuttosto che verso i soliti nomi «blue-chip». Questa evoluzione coincide in particolare con un’ondata di aperture di nuove istituzioni nella Regione, mentre i collezionisti considerano sempre più l’eredità e l’impatto culturale quando costruiscono le loro collezioni.
Una veduta di Art Basel HK. Cortesy Art Basel
Densa di eventi, la settimana dell’arte a Hong Kong ha infatti visto una serie di annunci di nuove istituzioni in tutta la Regione, che hanno presentato i loro prossimi lanci e programmi. Tra queste, lunedì, una soirée ben frequentata al Carlyle & Co presso il Rosewood Hotel ha segnato il debutto della tanto attesa Dib Foundation di Bangkok, la cui apertura è prevista per il dicembre 2025. Nel frattempo, la nuova Tanato Foundation ha esteso la programmazione nomade e sempre più dinamica a Hong Kong con una nuova serie di talks, dopo il lancio la SG Singapore. Con il chiaro spostamento verso l’allineamento istituzionale, l'attesissima grande mostra di Picasso di quest’anno al museo M+ ha inoltre riacceso l’interesse per il maestro spagnolo. Divers gallery ha presentato in fiera opere maggiori e minori di Picasso, rispondendo alla rinnovata rilevanza istituzionale. Tra gli esempi più significativi, Almine Rech ha offerto un dipinto del 1964 per 2,5 milioni di dollari, mentre Acquavella ha scelto una strada più ironica con un’irriverente parodia di Picasso di Tom Sachs. Ma è stata un’opera di Francis Bacon a dominare lo stand di Acquavella con un prezzo di richiesta sopra 20 milioni di dollari. Nonostante la fiera sia stata più lenta e faticosa per la creatività emergente, la galleria di Shanghai Bamk è riuscita a piazzare una scultura di Zhang Yibei per 25mila dollari al museo M+. Spazio per scoperte lo offriva la sezione Discoveries dedicata alle voci emergenti. Qui ha attirato l’attenzione istituzionale la newyorkese Stella Zhong, portata da Chapter NY, con uno stand che proponeva una profonda indagine ontologica e metafisica della struttura stessa della realtà. La galleria ha venduto subito in preview una l’intricata scultura in più parti e l’installazione video con un prezzo nel range di 70mila-100mila dollari, a riprova dell’ambiziosità del gusto collezionistico locale.
Sempre in Discoveries esponeva anche l’italiana Umberto Di Marino, con un’ironica installazione di Luca Francesconi, «Inner Farmers». Originariamente presentata al MamBo di Bologna qualche anno fa, l’opera ha attratto l’interesse di collezionisti e curatori locali, portando nuovi contatti alla galleria (anche se le vendite al momento non sono state sufficienti a coprire questa terza partecipazione). Altra sezione degna di nota era quella delle opere monumentalui, Encounters, curata quest’anno da Alexie Glass-Kantor con il tema «As the World Turns». Qui, degna di nota, un’imponente installazione pittorica e scultorea dell’artista filippina Pacita Abad in collaborazione con il figlio Pio Avad, presentata da Tina Kim e Silverlens. Notevole anche la distopica installazione multimediale «Doku the Creator» di Lu Yang, presentata da De Sarthe, un’epica meditazione digitale sul destino dell’umanità tra commercializzazione, mediatizzazione, spettacolo digitale e manipolazione fittizia. Nel complesso, Art Basel Hong Kong conferma un mercato dell’Asia Pacifico in rapida evoluzione e soprattutto sempre più sofisticato. In particolarre, la fiera e il pubblico della settimana conferma l’avanzare di una generazione più esigente di collezionisti che si avvicina oggi all’arte con intenzioni a lungo termine, privilegiando la creazione di una legacy, l’allineamento istituzionale e la rilevanza culturale delle opere supportando anche iniziative in qualità di patron a dispetto di acquisti rapidi e speculativi di un tempo.
Oltre la metà delle gallerie in fiera (242 gallerie provenienti da 42 Paesi) provengono dalla Regione a testimonianza del suo ruolo di vivace hub artistico
Mentre il mondo dell’arte mostra il suo sostegno a chi è stato danneggiato dagli incendi in California, in fiera si respira ottimismo con alcune vendite milionarie, da Keith Haring a Elizabeth Peyton e Tracey Emin
Dopo i devastanti incendi che hanno coinvolto la città a inizio anno, la fiera americana apre i battenti all’aeroporto di Santa Monica con oltre 100 gallerie
La fiera si è appena conclusa registrando grande afflusso, soprattutto dalla Regione, vivaci vendite su differenti fasce di prezzo e sold out per alcuni artisti