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Tancredi Parmeggiani alla Galleria del Cavallino nel 1956

Cortesia della Fondazione Giorgio Cini, Istituto di Storia dell’Arte, Archivio Cardazzo, Venezia

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Tancredi Parmeggiani alla Galleria del Cavallino nel 1956

Cortesia della Fondazione Giorgio Cini, Istituto di Storia dell’Arte, Archivio Cardazzo, Venezia

Archivi d’artista: il caso Tancredi

Come ci si comporta di fronte alla comparsa di nuove opere non catalogate? Elementare, Watson: con gli strumenti della filologia

Matteo Lampertico

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La legge italiana assegna agli eredi di un artista un ruolo molto importante: non sono solo i beneficiari dei diritti d’immagine, di riproduzione e di seguito, ma hanno anche il compito di tutelarne la fama e di combattere eventuali falsificazioni. Questi diritti e questi doveri si esauriscono tuttavia una volta trascorsi settant’anni. In questo lasso di tempo, spesso assistiamo alla creazione di un archivio-fondazione con il compito specifico di catalogare le opere, rilasciare le autentiche e redigere un catalogo ragionato. Nella maggior parte dei casi questo ruolo viene svolto in modo responsabile e competente, ma ci sono anche dei casi molto discutibili, in cui gli eredi non hanno mai avuto consuetudine con l’opera dell’artista che devono tutelare, oppure non hanno le competenze specifiche per svolgere questo compito così delicato. 

Annotazioni a matita riportate sul retro della copertina di una copia del catalogo della Saidenberg Gallery

Ci sono poi artisti, ad esempio Tancredi Parmeggiani, per i quali i suoi discendenti non hanno ancora dato vita a un organismo ufficiale che esamini le opere e rilasci autentiche. Fortunatamente la maggior parte della sua opera pittorica è stata egregiamente catalogata e studiata da Marisa Dalai Emiliani nel 1996, data di pubblicazione dei due tomi stampati da Allemandi, ma nel corso dei 28 anni successivi sono emerse sul mercato molte altre opere inedite e altre, presumibilmente, verranno a galla negli anni a venire. Nell’attesa di questo organismo inderogabile, gli operatori del mercato (galleristi, case d’asta, collezionisti), si sono mossi per così dire in ordine sparso, ciascuno decidendo in modo autonomo se vendere o meno opere che non fossero inserite nel catalogo. Naturalmente la decisione se proporre o meno sul mercato un’opera non pubblicata si basa innanzitutto su analisi di tipo tecnico e stilistico. Molto spesso però non è sufficiente, perché le falsificazioni iniziarono già in epoca molto precoce. Un elemento fondamentale per decidere nel merito è rappresentato dalla provenienza e dai documenti dell’epoca, ivi comprese le fotografie. Per quanto riguarda Tancredi disponiamo di uno strumento particolarmente utile: in calce ai cataloghi delle sue mostre vengono infatti riportati i nomi di collezionisti e musei proprietari delle opere. Proprio a partire da questi elenchi è stato possibile ricostruire la straordinaria fortuna collezionistica di Tancredi in America, ottenuta soprattutto grazie all’appoggio incondizionato di Peggy Guggenheim, che aveva donato più di venti opere ai musei statunitensi. Molte di esse sono già note, ma uno spoglio più accurato di questi elenchi ha consentito di reperire altri cinque quadri finora sconosciuti nei musei di mezzo mondo, oltre ad altre opere in collezioni italiane e statunitensi. 

«Senza titolo» (1956) di Tancredi Parmeggiani (collezione privata)

«Senza titolo» (1954) di Tancredi Parmeggiani. Cortesia: Sainsbury Centre, Uea, Norwich

Esaminando le foto scattate nel 1956 presso la Galleria del Cavallino è risultato evidente che almeno due opere non pubblicate da Dalai (passate presso la mia galleria) erano riconoscibili in quegli scatti, fatto di cui nessuno si era reso conto in passato. Ma la trouvaille più inaspettata è stata resa possibile grazie all’amico Giovanni Solari, al quale va il merito di aver reperito su una bancarella veneziana il piccolo catalogo della mostra di Tancredi stampato in occasione della personale del 1958 presso la Galleria Saidenberg di New York. Su quell’esemplare, scovato per puro caso, sono annotati il numero dei quadri, la loro tipologia, l’anno di esecuzione e persino i prezzi delle opere, tutte informazioni di cui non disponevamo, e che risultano compatibili con la ricostruzione della mostra americana che avevo proposto oltre dieci anni fa, quando mi ero imbattuto in un gruppo di ben sette opere inedite che già allora ipotizzavo fossero state esposte oltreoceano. È la dimostrazione che su Tancredi c’è ancora molto da fare. La mancanza di un punto di riferimento istituzionale ha congelato gli studi invece di incoraggiarli, ma a quasi sessant’anni dalla scomparsa dell’artista, i tempi sono maturi per riprendere il filo di un discorso interrotto quasi trent’anni fa. 

Matteo Lampertico, 09 agosto 2024 | © Riproduzione riservata

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