«Letizia Battaglia: Life, Love and Death in Sicily»: questo il titolo della mostra che aprirà il 9 ottobre presso la celebre Photographers’ Gallery di Londra, e che sarà visitabile fino al 23 febbraio 2025. Una figura fondamentale, e ormai storicizzata, della fotografia italiana, presentata in quella che è stata la prima galleria pubblica britannica ad essere interamente dedicata alla fotografia. Un’autrice significativa, dunque, in uno spazio altrettanto significativo. Si legge nel comunicato stampa della mostra che il lavoro di Battaglia, «famoso per aver immortalato alcuni dei momenti più toccanti, poetici e drammatici della storia della Sicilia, si estende oltre la sua terra d’origine». Una riflessione, questa, che apre la strada a ulteriori e più complesse domande, non solo sulla portata simbolica di questa specifica esposizione, ma anche sulla relazione tra il panorama artistico inglese e la produzione fotografica italiana.
Questa è la seconda grande mostra dedicata alla fotografa nel Regno Unito: la prima risale al 2014, anno in cui la Open Eye Gallery di Liverpool, sotto la direzione di Lorenzo Fusi, ha presentato «Letizia Battaglia: Breaking the Code of Silence»; precedentemente l’artista era stata esposta nel 2010 all’interno della collettiva «Exposed. Voyeurism, Surveillance & the Camera» presso la Tate Modern, e il sito dell’Archivio dell’artista, riporta una mostra dal titolo «Mafia Oggi», già nel 1980. Dati che singolarmente non raccontano una storia particolare, ma che inseriti in un contesto allargato portano a interrogarsi sul posizionamento e sulla percezione della fotografia italiana in Inghilterra e nel Regno Unito. Un’impresa non semplice. A una prima occhiata, infatti, risulta evidente come la presenza della fotografia italiana nell’ambito del sistema dell’arte inglese sia frammentata e discontinua. Difficile, se non impossibile, individuare un pattern strutturato; più semplice è effettuare una ricognizione di alcune di queste esperienze, cercando di interrogarsi sul loro valore, su quello che possono raccontarci.
Ripartiamo dalla mostra attuale alla Photographers’ Gallery: curata da Paolo Falcone, organizzata in collaborazione con l’Archivio Letizia Battaglia e la Fondazione Falcone per le Arti, e supportata dall’Istituto Italiano di Cultura di Londra. Istituzione che ha un ruolo non secondario nella storia che stiamo cercando di ricostruire. Ricordiamo una fase interessante, quella che nel 2015 ha visto Marco Delogu diventarne direttore. Primo fotografo a dirigere un Istituto Italiano di Cultura nel mondo, nelle sue intenzioni la fotografia avrebbe dovuto avere un ruolo di rilievo all’interno della programmazione culturale dell’Istituto. Tra le altre iniziative, in linea con la sua volontà di portare «l’istituto fuori dalle mura dell’istituto», spicca un incontro organizzato a Londra nell’ottobre del 2016 per presentare l’apertura al MaXXI di Roma della mostra «Letizia Battaglia. Per pura passione», prevista per il 25 novembre di quello stesso anno. Frangente in cui è stata presentata anche la pubblicazione Antologia. Letizia Battaglia. Una realtà, questa, che si inserisce all’interno di una visione più ampia, ma non sempre semplice da realizzare, che vorrebbe sostenere a livello istituzionale la produzione artistica italiana fuori dai confini nazionali.
Oltre alla Photographers’ Gallery, che annovera nella sua programmazione passata nomi come Lorenzo Vitturi, Tina Modotti e Mario Giacomelli, è interessante sbirciare nelle gallerie che hanno proposto e propongono il lavoro di fotografi italiani. Una di queste è la Large Glass Gallery, realtà nata nel 2011 come alternativa alla scena delle gallerie mainstream. Nel ricco programma espositivo, figurano mostre di artisti italiani contemporanei come Francesca Neri e Cesare Fabbri, oltre ad una serie di esposizioni di un artista più storicizzato come Guido Guidi. A tal proposito, è utile segnalare due iniziative: la prima è la mostra «View into Landscape», presentata nella Main Sector di Paris Photo nel 2023 dalla galleria londinese e dalla milanese Viasaterna. La seconda è una piccola esposizione del 2022 dal titolo «Otto volte due: Una finestra sulla fotografia romagnola contemporanea», il cui fulcro è un portfolio con immagini di Luca Nostri, Francesco Neri, Guido Guidi, Francesca Gardini, Marcello Galvani, Cesare Fabbri, Alessandra Dragoni, Nicola Baldazzi con Veronica Lanconelli. L’Atlas Gallery invece, fondata nel 1994, si occupa esclusivamente di fotografia eha ospitato più di una mostra di Franco Fontana, l’ultima delle quali nella primavera del 2024. Ai giovani artisti già menzionati se ne affiancano altri afferenti a una generazione che è cresciuta e si è formata a Londra e da lì si è affacciata al mondo della fotografia internazionale; tra loro, Giulia Parlato, Silvia Rosi e Lorenzo Vitturi.
Una menzione merita infine l’Estorick Collection of Modern Italian Art, inaugurata a Londra nel 1998, unico museo britannico dedicato all’arte moderna italiana, che nel 2023 ha ospitato la prima mostra di Lisetta Carmi nel Regno Unito, e che nel tempo ha presentato il lavoro di figure come Giuseppe Cavalli, Marcello Geppetti, i Fratelli Alinari e recentemente Sergio Strizzi.
Più che un percorso lineare in cui poter ravvisare reti e progettualità strutturate, quella di fronte a cui ci troviamo è una costellazione di nomi e di situazioni, che a volte si incrociano, e a volte rimangono isolate nella loro specificità, ma che comunque ci raccontano le difficoltà di fondo che la fotografia italiana fa nell’uscire fuori dal proprio territorio. La speranza, e l’auspicio, è che questi e altri nomi continuino a essere presenti sulla scena britannica, così da dare voce e spazio alle esperienze italiane più interessanti e significative.