«Grand nu couché (Nu rose)» (1935) di Henri Matisse

© Succession Henri Matisse 2023, ProLitteris, Zurich. Foto © The Baltimore Museum of Art The Cone Collection / Mitro Hood

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«Grand nu couché (Nu rose)» (1935) di Henri Matisse

© Succession Henri Matisse 2023, ProLitteris, Zurich. Foto © The Baltimore Museum of Art The Cone Collection / Mitro Hood

Alla Fondation Beyeler sulle tracce di Matisse

Nell’istituzione svizzera una settantina di opere del padre del Fauvismo in una mostra concepita come un viaggio nei luoghi da lui visitati

«Là tutto non è che ordine e bellezza, lusso, calma e voluttà»: i celebri versi di L’invito al viaggio, poema del 1857 di Charles Baudelaire tratto dalla raccolta I fiori del male, hanno ispirato la Fondation Beyeler per la prima grande retrospettiva in Svizzera da una ventina d’anni dedicata a Henri Matisse (1869-1954), intitolata appunto «Matisse. Invito al viaggio» e allestita dal 22 settembre al 26 gennaio 2025. Il poema di Baudelaire «fa da filo rosso della mostra. In un certo senso è la quintessenza dell’estetica di Matisse», spiega il curatore Raphaël Bouvier, conservatore alla Fondation Beyeler: «I termini “lusso, calma e voluttà” sono motivi poetici che si ritrovano nell’arte di Matisse e sono anche il titolo di un suo capolavoro del 1904, un’opera considerata fondatrice del Fauvismo che ci è stata prestata dal Centre Pompidou di Parigi e rappresenta il fulcro della mostra. Molti elementi legano Matisse e Baudelaire: l’ideale dell’idilliaco, la ricerca della luce e del colore, l’interesse per la decorazione e l’orientalismo, la riflessione tra natura e arte, aggiunge Bouvier. Inoltre, la figura del corpo femminile è centrale nell’opera di Matisse e la poesia di Baudelaire è dedicata a una donna ideale». Matisse fu un grande viaggiatore, «forse anche più di Paul Gauguin». 

Come il collega impressionista, si spinse anche lui fino a Tahiti, ma viaggiò molto in tutta Europa, in Africa e in Russia e fu più volte negli Stati Uniti. La retrospettiva della Fondation Beyeler, che si apre con i primi lavori della fine dell’Ottocento e si chiude con la famosa serie delle «gouaches découpées» iniziata nel 1948, è dunque stata concepita come un viaggio. Da ognuna delle sue esplorazioni, l’artista ha tratto ispirazioni nuove per i motivi e le composizioni delle sue tele. Realizzò le prime incisioni dopo il viaggio in Algeria del 1906, mentre dopo il viaggio in Marocco, nel 1912, cominciò a dedicarsi alla pittura «à plat», di derivazione gauguiniana. Il periodo detto nizzardo (1917-29) fu caratterizzato dal fascino per i colori del Sud e dal tema delle odalische, di chiara influenza orientale, come le tele sensuali degli anni Trenta, tra cui «Grand nu couché» (1935). 

La mostra riunisce una settantina di opere, alcune attinte dalle collezioni della stessa istituzione svizzera, altre prestate dai grandi musei d’Europa e degli Stati Uniti, tra cui la National Gallery di Washington e il MoMA di New York. Alcune tele sono esposte per la prima volta da decenni, come «La Desserte» (1897), conservata in una collezione privata, e «Baigneuses à la tortue» (1907-08), prestata dal Saint Louis Art Museum, che non viaggiava in Europa da trent’anni. Un’opera maggiore di Matisse «che fu influenzata dalla scoperta di Giotto e dalla visita della Cappella degli Scrovegni di Padova, continua il curatore, e la cui presenza giustificherebbe già da sola la visita della mostra». Sono esposte, tra le altre, anche «La Fenêtre ouverte, Collioure» (1905), «Intérieur rouge, nature morte sur table bleue» (1947), «Nu bleu I» (1952) e «Acanthes» (1953), che è stata al centro di un restauro e di uno studio approfondito alla Fondation Beyeler tra il 2009 e il 2012. 

In una sala è ripreso il tema del viaggio tramite un dispositivo multimediale che permette di visualizzare i diversi viaggi di Matisse. Nello stesso spazio sono esposte anche una serie di fotografie d’epoca, raramente presentate, che lo stesso artista scattò per documentare i vari stadi della creazione delle sue tele. Il genio di Matisse fu di liberare il colore dal motivo e semplificare le forme. Innovò anche nel campo della scultura e, con gli ultimi «papiers découpés», «sviluppò una pratica unica al crocevia tra pittura, disegno e scultura»: «L’influenza di Matisse si evidenzia già sull’arte del secondo dopoguerra, in particolare negli Stati Uniti, sugli artisti dell’Espressionismo astratto, e soprattutto Mark Rothko, ma anche Robert Motherwell e Helen Frankenthaler, osserva ancora Raphaël Bouvier. Influenzò fortemente anche la Pop art americana, da Andy Warhol a Roy Lichtenstein e Tom Wesselmann. Ma l’eredità di Matisse vive anche nell’arte contemporanea, nelle tele di David Hockney, che è già un classico, per la concezione dei motivi, l’idea essenziale della liberazione del colore e la riduzione della forma, nelle opere di Jonas Wood, che sono vere e proprie parafrasi delle tele di Matisse, e nei lavori di Faith Ringgold, artista afroamericana scomparsa di recente, autrice di una serie di tele che includono la figura di Matisse come riflessione sul tema del modello». 

«Baigneuses à la tortue» (1907-08) di Henri Matisse, Saint Louis Art Museum. © Succession H. Matisse/2024, ProLitteris, Zurich. Foto: Saint Louis Art Museum

Luana De Micco, 20 settembre 2024 | © Riproduzione riservata

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