È una mostra piccola e preziosa quella che il Civico Museo Archeologico presenta dal primo marzo a dicembre, attingendo alle sue raccolte di arte egizia. Il focus prescelto è il ruolo cardine rivestito in quella civiltà dalle immagini: sculture, rilievi, pitture con cui si onoravano dèi e faraoni o ci si proponeva di garantire agli uomini una vita nell’aldilà. Da tali premesse scaturirono opere pensate per l’eternità, di cui «Immagini eterne. L’arte nell’antico Egitto» esibisce alcuni importanti esempi.
Per la prima categoria, citiamo la lastra di calcare del IV-III secolo a.C., un modello utilizzato nelle botteghe degli scultori (ancora si vede la quadrettatura, leggermente incisa, per far rispettare le proporzioni) raffigurante l’immagine idealizzata di un sovrano di profilo, con la «corona azzurra» («khepersh») da cui guizza il cobra-ùreo. Facilmente trasportabili, questi modelli fornivano agli scultori la guida per realizzare opere celebrative a bassorilievo o a tutto tondo, funzionali a una civiltà che, ci rammenta la curatrice Sabrina Ceruti, «si fondava su un’organizzazione statale al cui vertice stava il faraone, garante della giustizia e di un ordine basato sulla collaborazione fra uomini e dei per la sopravvivenza del cosmo». Fra gli esempi di statuaria privata, la «Statua cubo» del III periodo intermedio (1070-655 a.C.).
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