Still dal video «Core-Coralations (Corre-Coralazioni)» (2022-23) di Nicholas Mangan (particolare)

Cortesia dell’artista e della Sutton Gallery, Australia. © L’artista

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Still dal video «Core-Coralations (Corre-Coralazioni)» (2022-23) di Nicholas Mangan (particolare)

Cortesia dell’artista e della Sutton Gallery, Australia. © L’artista

Al Castello di Rivoli un invito a collaborare con la natura

La collettiva esplora il tema dell’interdipendenza tra esseri umani e non umani attraverso una selezione di opere realizzate dagli anni Sessanta a oggi

Scorrendo l’elenco degli artisti presenti in «Mutual Aid. Arte in collaborazione con la natura», la mostra che il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea presenta fino al 23 marzo 2025, notiamo qualcosa di inusuale: accanto a nomi noti, alcuni dei quali presenti nei libri di storia dell’arte, come Agnes Denes e Robert Smithson, e alcuni che probabilmente vi compariranno a breve, come Tomás Saraceno, Maria Thereza Alves e Andrea Caretto & Raffaella Spagna, troviamo quelli di artisti decisamente meno noti come Castor fiber (il castoro europeo), Trichoptera (il tricottero, un insetto acquatico) e Trametes versicolor (un fungo molto comune che cresce sui tronchi degli alberi). 

La decisione di porre sullo stesso piano artisti umani e agenti non umani è perfettamente in linea con il concept della mostra, che vede una serie di opere coprodotte o portate a termine grazie all’aiuto di animali, vegetali, forze atmosferiche e sostanze inorganiche. 

Il tema di «Mutual Aid» è ispirato al testo del 1902 di Pëtr Kropotkin Il mutuo appoggio. Un fattore dell’evoluzione, in cui il naturalista e filosofo anarchico russo esamina il ruolo e le potenzialità della cooperazione nel regno animale e nella società umana. «Kropotkin scrive che, nei periodi caratterizzati da scarsità di risorse e instabilità, situazione non dissimile da quella che stiamo vivendo oggi a livello ecologico, se si collabora il sistema si equilibra, ma se si compete si va verso il collasso», spiega Francesco Manacorda, neodirettore del Museo e cocuratore del progetto insieme a Marianna Vecellio

La mostra si apre con una contenuta ma completa monografica di Giuseppe Penone dedicata alla serie «Alpi Marittime», iniziata dall’artista nel 1968, quando aveva appena 21 anni, posizionando il calco bronzeo della sua mano sul tronco di un giovane frassino. L’interazione tra il bronzo e l’albero è stata documentata nel tempo attraverso disegni, fotografie, video, radiografie e sculture: entrando in mostra siamo accolti da quattro grandi opere ricavate da calchi del medesimo albero, che ne documentano la crescita rispettivamente a 6, 8, 12 e 16 anni dall’intervento dell’artista. «Abbiamo voluto iniziare con Penone per “radicare” la mostra nella storia, nella tradizione e nell’identità del Museo», spiega Manacorda.

Volendo azzardare una metafora fungina in linea con l’identità del progetto, su queste radici «Mutual Aid» presenta una serie di «corpi fruttiferi» sotto forma di spettacolari episodi installativi dal forte impatto visivo, che si prestano allo sviluppo di un diffuso «micelio» sotterraneo di approfondimenti tematici e ricerche scientifiche attraverso cui lo spettatore può nutrire la sua esperienza di visita e rintracciare le molteplici connessioni tra le opere. In altre parole, i curatori hanno fatto un ottimo lavoro sia per quanto riguarda il criterio installativo, scandendo in nuclei tematici interconnessi il difficile spazio della Manica Lunga, sia per la scelta delle opere, appaganti allo sguardo e frutto di un’attenta ricerca teorica. 

«Una cosa a cui teniamo molto è che questa mostra parli non solo agli appassionati di arte contemporanea, ma anche a chi è interessato alla sopravvivenza del pianeta, attraverso un linguaggio franco e accessibile», aggiunge Marianna Vecellio.

Questo interesse verso l’ecologia non è solo intellettuale, ma ha dei risvolti pratici: per ridurre l’impatto ambientale della mostra si è scelto di trasportare dall’Australia la scultura «Sarcophagi» (2023) dell’artista Nicholas Mangan tramite un lento viaggio via nave anziché per via aerea: l’opera arriva a Rivoli l’11 novembre, dieci giorni dopo l’inaugurazione, e completa l’installazione «Core-Coralations» (2022-23), in cui Mangan esplora gli effetti della colonizzazione e del cambiamento climatico sulla Grande Barriera Corallina australiana, da quando questa si oppose passivamente all’attracco della nave del capitano James Cook, nel 1770, ai recenti episodi di sbiancamento dovuti all’incremento della temperatura degli oceani. L’opera introduce una sezione «marina» di «Mutual Aid», con le sculture in pietra abitate da alobatteri di Bianca Bondi & Guillaume Bouisset («Source and Origin, Lecce Stone», 2024), l’archivio di calchi in gesso del movimento e delle tracce lasciate dalle onde sulle coste del Mar Mediterraneo di Renato Leotta («Gipsoteca», 2012-in corso), e i magnifici paesaggi marini di Yiannis Maniatakos, dipinti dal vivo in immersione subacquea nelle profondità del Mar Egeo. 

Il percorso si conclude con la spettacolare installazione immersiva di Precious Okoyomon, «the sun eats her children» («il sole mangia i suoi figli», 2023): una serra tropicale con piante infestanti velenose, diverse specie di farfalle e un orso animatronico che, di tanto in tanto, emette un urlo. Quello che veramente colpisce è il rapporto che si crea tra questo ambiente e la pacifica vista dalla vetrata di fondo delle panchine immerse nella natura del piccolo Parco San Grato, retrostante il Castello: come nel resto dello spazio espositivo le finestre non sono oscurate, e la visione delle opere è sempre messa in relazione con il paesaggio e la dinamicità degli elementi. Come sottolineano i curatori: «Ci interessa un modello di museo in cui il mondo non viene tenuto all’esterno». 

Questo approccio, d’altro canto, implica una partecipazione attiva ed estende il concetto di «mutual aid», di «mutuo appoggio», al rapporto tra istituzione e spettatore, a cui viene chiesto uno slancio di curiosità accompagnato da uno sforzo cognitivo per completare in maniera organica la sua esperienza di visita. Nelle parole di Francesco Manacorda, queste opere realizzate per metà da esseri umani e per metà da non umani sono «prototipi di relazione», e la mostra ci invita a testarli nel mondo, o anche solo a intenderli come plausibili modelli di convivenza e collaborazione da contemplare nel nostro agire quotidiano.

Matteo Mottin, 24 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

Al Castello di Rivoli un invito a collaborare con la natura | Matteo Mottin

Al Castello di Rivoli un invito a collaborare con la natura | Matteo Mottin