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Lo stand della Galerie Kevorkian al Tefaf. Foto Beatrice Campi

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Lo stand della Galerie Kevorkian al Tefaf. Foto Beatrice Campi

A Tefaf tripudio di arti non-europee

Questa edizione è stata caratterizzata dalla presenza sempre più marcata di espositori che mettono in rilievo le produzioni artistiche dei paesi islamici, dell’India e del Sudest asiatico

Beatrice Campi

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La settimana scorsa si è conclusa Tefaf, che è stata per moltissimi anni la fiera delle arti antiche, dei mobili settecenteschi, dei manoscritti miniati, degli Old Masters, dei Botticelli e dei Tintoretto. Invece, da un paio di anni a questa parte si è potuto notare un cambio di tendenza. Design, arte contemporanea e le arti non-europee hanno iniziato ad affacciarsi in maniera preponderante sulla cartina degli espositori offerta in entrata. Quest’anno, per esempio, solo 52 stand erano dedicati ai dipinti antichi, mentre 68 stand presentavano opere di arte contemporanea e design.

Ma forse, l’elemento più innovativo e provocatorio di questa edizione è stata la presenza sempre più marcata di espositori che mettono in rilievo le produzioni artistiche dei paesi islamici, dell’India e del Sudest asiatico, per molto tempo oscurate dai capolavori europei. In particolare si sono notati molti espositori di arte islamica tra cui possiamo citare Amir Mohtashemi, un antiquario londinese in attività da oltre 20 anni; i fratelli Keskiner della galleria Kent Antiques, specialisti di arte ottomana e dipinti orientalisti; Shapero Rare Books, un distinto antiquario librario londinese che ha scelto di imbarcarsi nel mondo dell’arte islamica da quasi 5 anni grazie anche al fedele aiuto e supporto di Roxana Kashani, specialista di manoscritti islamici; Runjeet Singh, uno specialista Sikh di armi e armature con una grande passione per gli scambi culturali tra diverse etnie e religioni; Prahlad Bubbar, che presentava una selezione di capolavori di diretta discendenza del Nawab di Bahawalpur (Punjab, attuale Pakistan); e Sam Fogg e Galerie Kevorkian, attivi da molti anni, nel mercato internazionale dell’arte islamica di alta epoca.

Tra gli espositori olandesi, «gli insoliti sospetti» che si sono distinti in questa categoria, meritano una menzione Jaap Polak della galleria Polak Works of Art e Zebregs & Röell, i cui stand affascinavano visitatori di tutte le età per il loro sapore «generalista» di cabinet de curiosités con dipinti indiani collocati vicino a mobili giapponesi, sormontati da coltelli ottomani e montature di kris indonesiani. Accanto a questa illustre lista di espositori d’arte islamica e indiana, ve ne erano anche molti altri di arte asiatica come Carlton Rochell, un antiquario di New York con prestigiose sculture buddhiste di epoca Gandhara; Gisèle Croës, un’istituzione nel mondo delle arti del Lontano Oriente; e Jorge Welsh, il cui display di ceramiche cinesi di epoca Qing lasciava tutti a bocca aperta, solo per citarne alcuni.

Che cosa ci rivela dunque questo cambio di tendenza? Le arti non-europee hanno affascinato collezionisti e viaggiatori occidentali da tempo immemore. Ma la loro presenza sul nostro mercato dell’arte è stata spesso marginalizzata. Ma i tempi cambiano. Negli ultimi 15 – 20 anni, i grandi investimenti e progetti culturali promossi in Medio Oriente e nella penisola arabica, accompagnati dai numerosi scambi culturali, diplomatici e commerciali con l’Europa e l’Inghilterra, hanno sicuramente influito in un cambio di prospettiva. L’apertura di nuovi musei (come il Louvre di Abu Dhabi o molto recentemente il MITA a Brescia) o di sezioni all’interno di musei già avviati (come il Museum of Fine Arts a Boston o il San Diego Museum of Arts) che si dedicano ai capolavori dei paesi islamici e indiani ha permesso al grande pubblico di avvicinarsi e (quasi) toccare con mano oggetti, tessuti e dipinti di grande curiosità e bellezza, scavalcando barriere non soltanto geografiche e temporali, ma anche culturali.

Va poi ricordato che nel mondo delle aste di questa categoria, il fermento non è mai calato, nemmeno durante il Covid. Anzi, c’è sicuramente grande interesse e trepidazione a vedere cosa metteranno in mostra Christie’s e Sotheby’s a fine aprile durante l’Islamic Art Week di Londra. Ma la presenza sempre più marcata di questi capolavori a livello internazionale, tanto nel mondo delle fiere di antiquariato quanto nell’universo museale e delle istituzioni culturali, sembra farsi messaggera di un radicale cambio generazionale, dove l’arte islamica non sarà più solo appannaggio dei pochi curiosi e intellettuali, bensì di una nuova generazione di eterogenei collezionisti affascinati dalla bellezza di oggetti che sembrano apparire da un mondo fiabesco a lungo ignorato.
 

Beatrice Campi, 19 marzo 2024 | © Riproduzione riservata

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