Graziella Melania Geraci
Leggi i suoi articoliPer arrivare in via Civita Giuliana bisogna perdersi nei vicoli ai confini di Pompei, tra villette rustiche e terreni coltivati. La strada ora è chiusa al traffico, si interrompe con barriere metalliche tipiche dei cantieri stradali che nascondono, dietro un cancello, un’area coperta da una fitta rete di tubature per la messa in sicurezza dello scavo della famosa villa violata dai tombaroli.
A partire dal 2017 e poi nel 2019 grazie a un protocollo d’intesa siglato con la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, il Parco Archeologico di Pompei ha dato avvio qui a campagne di scavo che hanno permesso di arrestare il saccheggio che per anni ha interessato la villa. Il sito è a poche centinaia di metri dalle mura dell’antica Pompei e appare distinto in due aree indagate, separate dalla strada moderna la cui rimozione è stata avviata nell’agosto 2023.
Nel quartiere servile a sud sono venuti alla luce cinque ambienti per gli schiavi, una stalla e dei cavalli (è visibile in loco un calco), un carro cerimoniale (esposto insieme ad altri reperti presso l’Antiquarium di Boscoreale), e proseguendo sotto il manto stradale, la stanza con gli attrezzi del carpentiere. L’ultima scoperta è un sacello finemente affrescato anche se quasi completamente spoliato dai tombaroli. La stanza sacra sembrerebbe corrispondere a quanto rilevato dagli inquirenti nel corso di investigazioni: dalle intercettazioni telefoniche emergono riferimenti a un «tempietto» intitolato a Ercole e ad affreschi raffiguranti le 12 fatiche dell’eroe, di cui tuttavia non ci sono tracce: quello che resta sono porzioni di affreschi e grossi buchi di accesso a cunicoli scavati dai tombaroli.
La decorazione in IV stile del sacello insiste su un fondo rosso con dodici pannelli a drappo giallo e delicate cornici bianche. Al centro della parete di fondo una porzione di un podio in muratura, che probabilmente accoglieva una statua, finge le venature del marmo, mentre la banchina che corre lungo le pareti lascia intravedere il nero del basamento. La fronte esterna, completamente intonacata e dipinta di bianco, presenta un grande portale (2.65x2.75 m) ed è sormontata da una sorta di «timpano» a rilievo.
Per giungere all’altro lato della villa, si attraversa la strada, passando vicino a costruzioni disabitate ed espropriate dal Parco Archeologico di Pompei, e si vede anche la casa dove vivevano i tombaroli: proprio dal loro orto si accede al settore residenziale della villa. L’area era già stata scavata intorno agli anni ’30 del secolo scorso per poi essere nuovamente coperta. Qui, con un affaccio panoramico sul golfo, sono visibili gli ambienti articolati intorno a un peristilio con un portico e un criptoportico lungo 56 metri, nei pressi del quale sono stati rinvenuti due scheletri di fuggiaschi.
Il direttore del Parco di Pompei Gabriel Zuchtriegel, incontrato sul cantiere dove si è recato anche il ministro Gennaro Sangiuliano, descrive così la scoperta del sacello: «È sicuramente sconcertante l’accanimento con cui gli scavatori clandestini hanno operato per anni, fino al 2017, in questo sacello depredando l’interno dell’ambiente di culto e togliendo quasi tutti gli affreschi. Al tempo stesso questo è un momento incoraggiante, ci sono i rappresentanti della Procura, il ministro, il Parco Archeologico, il Comune di Pompei e insieme facciamo un’operazione di recupero, di tutela e di giustizia per restituire questo luogo alla comunità. È un’occasione di cura del patrimonio che è stato maltrattato, ma anche di conoscenza, ci sono dati eccezionali che vengono da qui. Pensiamo anche alla possibilità della fruizione pubblica; lavoriamo per rendere questo luogo parte della rete dei siti attorno a Pompei, per esempio l’edificio a ridosso degli scavi è già stato espropriato e verrà abbattuto insieme agli altri per unire le due parti della villa. Stiamo già andando verso la ricongiunzione delle due aree di scavo, grazie anche al Comune di Pompei che ha interrotto il traffico su questa strada e ci ha offerto l’opportunità di scavare sotto la via moderna dove hanno lavorato anche i tombaroli, solo che a loro non interessava la sicurezza. È un’operazione complessa con i suoi costi e siamo grati al ministro che nella legge di bilancio ha inserito una spesa per nuovi scavi a Pompei e in altri siti: useremo questo finanziamento per proseguire le indagini. Parliamo di milioni di euro per gli espropri, lo scavo, la messa in sicurezza, il restauro e la valorizzazione. Ci sarà anche un progetto di accessibilità: ad oggi il sito non è aperto al pubblico, ma stiamo valutando la possibilità di organizzare visite accompagnate in determinati periodi».
Arianna Spinosa, funzionaria architetto del Parco e direttore dei lavori a Civita Giuliana, entra nello specifico del cantiere e della sua importanza: «Si tratta di lavori complessi perché si scava all’interno di proprietà private per arrivare a una profondità di 6 metri; dunque, è impegnativo dal punto di vista della logistica. Vista l’entità di quello che abbiamo messo in luce, probabilmente siamo solo a un 30 per cento della superficie della villa. Si tratta di strutture monumentali con una stalla, dotata di un lato lungo oltre 20 metri, non ancora scoperta del tutto, un portico con colonne in laterizio e murature che hanno una dimensione di oltre 60 cm, cosa che a Pompei non troviamo. La città antica è a 400 metri e gli ambienti scoperti hanno messo in evidenza l’importanza della villa per la presenza degli schiavi e di un orto, insomma di una parte produttiva. In linea d’aria ci troviamo in corrispondenza con la Torre di Mercurio, una delle strade di accesso alla città antica che porta poi al Foro: siamo quindi sulla direttrice principale su cui si impianta tutta la città di Pompei. Gli scavi erano già stati condotti agli inizi del ’900, quindi se ne conosceva l’esistenza e sono state intercettate connessioni di reperti soprattutto sul mercato nero che probabilmente provenivano da qui. Tuttavia, gli interventi dei tombaroli ci hanno guidato e lo scavo si svolge proprio sulle loro tracce: abbiamo una mappatura dei cunicoli e quando ne vengono in evidenza altri, ampliamo le aree di scavo».
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